Vuole metterci l’auto con la Olivetti e la bombola del gas, il suo bestiario, le sue cavalle, l’alcool, le cravatte, la sua pena, il suo azzardo, l’intemperanza, il tormento, tutti i libri letti, i suoi vizi, il suo gioco, la bellezza, il basilico, i gerani, e quel cuore “che voleva abbaiare/ tutte le notti/ alla luna e alle pietre”.
Antonio Errico su Vittorio Bodini
“Perché tra tanti cani che latrano, buoi che muggiscono, polli che chiocciano, persino pesci che emettono strani rumori, in queste pagine non si sente mai, a nostra scienza, un gatto che miagola?“, così s’interrogava Umberto Eco circa l’assenza dei felini nelle pagine dei bestiari dell’Alto Medioevo. Sono rarissimi, infatti, i riferimenti letterari al gatto e non si ode miagolare nemmeno nelle agiografie dei primi santi.
Passeggia tra i versi degli autori salentini, si affaccia da una cappella al crocicchio di una città vecchia, si annuncia con la cadenza del trotto nelle giornate di sole, trainando un carretto. È il cavallo, principe degli animali del nostro bestiario, simbolo di regalità e potenza, protagonista di leggende, vite di santi e anche di qualche storico piatto locale. Per chi di cavalli ne ha cavalcati solo in tarda età, e con non poca diffidenza, come la sottoscritta, il cavallo resta il protagonista di storie d’infanzia e aneddoti, una figura quasi mitologica.
Re dei Serpenti, sovrano di tutti i rettili, il basilisco popola le pagine dei bestiari medievali, ornato di dorature e fregi d’inchiostro. Lui, piccolo re, questo il significato del suo nome, dal nome greco del serpente coronato, incede regalmente tra una favola e una leggenda, incutendo timore e distruggendo chi abbia la sventura di incrociare il suo cammino.
Secondo il proverbio, la si può scorgere mormorare davanti a grappoli d’uva matura, mentre, fidandosi della scienza meteorologica salentina, quando piove con il sole, sta sse mmarita la urpe, ovvero la volpe sarebbe impegnata in segreti convegni amorosi.
In cima alle torri, nascosta tra le fronde d’ulivo, appollaiata sui tetti piatti delle masserie di campagna, in quella landa a Sud del mondo chiamata Salento, la civetta si scorge non di rado in ambienti popolati, per nulla impaurita dalla presenza umana.
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